ANNI ’70…un periodo di libertà, di trasgressione e di lotte politiche incominciarono a diffondersi ampiamente nei nostri stomaci le patatine dei sacchetti, quelle belle patatine croccanti e gialle fritte in chissà cosa. Le mie preferite…
Crunch! Il suono onomatopeico tra i più famosi in assoluto che fa pensare subito a qualcosa di mangereccio, goloso e godurioso. Il suono che in pubblicità, fumetti e chi più ne ha più ne metta siamo abituati ad abbinare a uno dei cibi più saporiti e amati, anche perché grasso e con il sapore del “proibito” di sempre: le patatine fritte. Quelle in busta, comprate da bambini per merenda o da adulti per una piccola trasgressione, per coccolarsi.
Anni ’70… l’inizio della nostra storia
In bilico tra le frivolezze modaiole, con pantaloni a zampa d’elefante e camicie fiorate e i drammatici avvenimenti degli anni di piombo, l’Italia vive un decennio intenso. E mentre Mike Bongiorno e i quiz a premi spopolano in TV, la crisi petrolifera fa muovere a targhe alterne e in bicicletta la domenica, gli italiani a tavola scoprono le patatine PAI come irrinunciabile e gustoso contorno.
Negli anni ‘70 dominavano le Pai. Indimenticabile era l’oleosità delle patatine stesse, che poi era una delle caratteristiche che a noi bambini piaceva di più. Tra l’altro anche il sacchetto restava unto, dando a questo rito vero e proprio dell’aprire il sacchetto, mangiare e ungersi le dita, una precisa caratteristica di ritualità.
Chi è che poi non ricorda le sorpresine nel sacchetto, secondo lo stesso principio dell’uovo di Pasqua? E spesso i giocattolini che si trovavano nelle patatine erano estremamente interessanti soprattutto perché difficili da reperire nei negozi per via ordinaria.
Il mio ricordo…
Siamo agli inizi dei ’70, le sorpresine delle patatine (non ricordo bene se erano PAI) erano animaletti di cartoncino fustellato con una linguetta sotto (leoni, tigri, elefanti ecc.), poi c’erano dei tabelloni tipo A4 sempre di cartone rappresentanti vari paesaggi naturali (giungla, savana, praterie), gli animaletti venivano inseriti tramite la linguetta sottostante in apposite fessure presenti sui tabelloni, inserendoli a piacimento si potevano quindi creare svariati ambienti.
Peccato che i miei genitori con l’avvento del primo motorino me li abbiano gettati via.
Personalmente sono ghiotto di patatine anche oggi.
E per par-condicio bisogna ricordare, oltre alle Pai, che resistono alla grande anche oggi, le patatine San Carlo, altrettanto buone e vendute. In ogni caso, i sacchetti non sono più internamente così oleosi come una volta e confesso che è una caratteristica che mi manca.
Le origini…
Se l’origine delle french fries è contesa tra francesi e belgi, è nel mistero che è avvolta l’invenzione dei chips. Secondo la leggenda più accreditata correva l’anno 1853 e, per l’esattezza il 24 agosto, quando in un ristorante di Saratoga Springs, nella contea di New York, Cornelius Vanderbilt, uno degli uomini più ricchi d’America ordinò un piatto di patatine fritte per poi rispedirle direttamente in cucina: a suo giudizio erano molli e spesse. George Speck, il cuoco, indispettito dal gesto pensò bene di provocarlo servendogli delle scomode sfoglie sottili e croccanti che avrebbero obbligato l’imprenditore statunitense a sporcarsi le mani: in realtà, si leccò le dita! Il passaparola di questa ricetta straordinaria fece il giro del quartiere.
Nel ristorante di Crum, quindi, iniziarono a richiedere sempre di più questo piatto tant’è che, avendo aperto un nuovo ristorante, George Speck Crum ebbe un’idea: mise su ogni tavolo un cestino di patatine fredde. Ad inventare le patatine in sacchetto, invece, fu Laura Scudder. Era il 1926 e questa imprenditrice californiana decise di vendere le patatine fritte in un sacchetto di carta cerata per mantenerle fresche e croccanti più a lungo.
L’impatto culturale delle patatine fritte
Le patatine, nel tempo, sono diventate più di un semplice spuntino. Si sono intrecciati nel tessuto culturale della società. La loro influenza è evidente in vari aspetti della vita italiana ed occidentale, dall’intrattenimento agli incontri sociali.
Schermo d’argento (il cinema) e piccolo schermo si sono fatti promotori a pubblicizzare le patatine fritte durante la visione dei film e degli spettacoli TV. Che si tratti di un personaggio che sgranocchia durante una scena cruciale o di un primo piano di un sacchetto di patatine durante un momento di tensione, queste prelibatezze croccanti si sono assicurate il loro posto nella narrazione cinematografica. Le loro frequenti apparizioni non solo evidenziano la loro popolarità, ma aggiungono anche un tocco di riconoscibilità alle scene.
Feste e raduni…
Pensate a qualsiasi barbecue in giardino, riunione di famiglia o incontro informale ed è quasi certo che una ciotola di patatine si troverà sul tavolo. Sia come spuntino che come inizio di conversazione, le patatine sono diventate sinonimo di legame comunitario. Dai compleanni alle serate di gioco, la loro presenza è quasi scontata, aggiungendo gioia e cameratismo all’occasione. In sostanza, l’impronta culturale delle patatine si estende ben oltre il loro gusto. Sono diventati simboli di conforto, nostalgia e momenti condivisi, rafforzando il loro status di icone italiane e di tutto il mondo occidentale. Per concludere in sincerità… “Il mio autocontrollo finisce dove inizia un pacchetto di patatine”. (Salvatore Battaglia, Presidente Accademia delle Prefi)