Dopo il sold out delle prime due serate che conferma il grande interesse del pubblico per la manifestazione, prosegue giovedì 21 agosto a Dimora delle Balze (Noto) la terza edizione di 8 albe, la rassegna di arte contemporanea che si è ormai affermata come una delle manifestazioni più significative dedicate alla videoarte in Italia. L’edizione 2025, intitolata Tramonti: Cosmogonie e Fine dei Mondi e curata da Lucia Pietroiusti (curator and Head of Ecologies presso la Serpentine Gallery di Londra), si avvia verso le sue ultime due tappe, il 21 e il 28 agosto con inizio proiezioni alle ore 21.30 (prenotazione obbligatoria a info@8albe.com).
Ideata e promossa da Dimora delle Balze – straordinario luogo della Sicilia sud-orientale, nell’altopiano degli Iblei, in una vallata di 27 ettari in Val di Noto, Patrimonio dell’Umanità UNESCO – la rassegna ha attratto visitatori da tutto il mondo, grazie a una proposta artistica che intreccia riflessione ecologica, visioni mitiche e immaginari futuri.
Le venticinque opere di sedici artiste e artisti internazionali – tra cui di Alice Bucknell, Yin-Ju Chen, Marcus Coates, Kyriaki Goni, Camille Henrot, Karrabing Film Collective, Asim Khan, Ailton Krenak, Lina Lapelyté, Peter Nadin, Eva Papamargariti, Agnieszka Polska, Revital Cohen & Tuur Van Balen, Cauleen Smith, Aimée Toledano, Natsuko Uchino – distribuite lungo le quattro serate (31 luglio, 7, 21 e 28 agosto) compongono un ciclo dai titoli volutamente ripetitivi:How We Ended, How We Began, How We Ended, How We Began.
Come afferma la curatrice Lucia Pietroiusti «Le ripetizioni, così come la scelta di iniziare dalla fine, sono deliberate nel contesto del concetto generale del festival. Parlano del processo metabolico della Terra, fatto di trasformazione e rinnovamento, e dei progetti epistemologici umani e più-che-umani che cercano di dare un senso a queste trasformazioni. Nel corso di quattro proiezioni, i film osservano e comprendono il “mondo” come un’organizzazione di forme, vite, spazi e saperi – tutte emergenze che, per quanto straordinarie, sono sempre e necessariamente temporanee. Cosa significherebbe adottare uno sguardo metabolico sulle molteplici crisi di oggi? Uno sguardo che consideri la fine come un passaggio di un ciclo più lungo, intrecciato, costante e in continua trasformazione? I film del collettivo Selvagem, guidato dall’attivista e filosofo indigeno Ailton Krenak, forniscono l’infrastruttura concettuale per questa domanda, mostrando come le cosmologie indigene e le intuizioni della filosofia e scienza occidentale condividano verità profonde sulla natura dell’essere e del cosmo.
Accanto a questi film educativi e artistici, incontriamo un panorama di prospettive internazionali, lamenti, cosmogonie e visioni profetiche, dalle espressioni più intime del dolore fino alle riflessioni più ambiziose sui ritmi di questo pianeta più-che-umano».
OPERE E ARTISTI DELLA TERZA SERATA, GIOVEDÌ 21 AGOSTO
Le opere presentate offrono uno sguardo potente e visionario sulle urgenze del presente, intrecciando memoria, immaginazione e prospettive indigene e non umane. Il Karrabing Film Collective mette in scena paesaggi devastati dal colonialismo e dall’estrattivismo: in The Mermaids, or Aiden in Wonderland (2018) seguiamo il giovane Aiden, immune alle tossine che sterminano i coloni bianchi, nel suo viaggio tra futuri possibili e passati rimossi, alla ricerca di un territorio e di una storia che gli appartengono. In The Family and the Zombie (2021) il collettivo fonde documentario, fantascienza e satira per raccontare la resilienza di una famiglia indigena australiana, capace di opporsi al capitalismo tossico e di mantenere vivi legami cerimoniali e spirituali con la propria terra.
Con The Alluvials (final level playthrough) (2024), Alice Bucknell trasporta il pubblico in una Los Angeles del prossimo futuro, segnata da incendi e scarsità d’acqua. Qui il videogioco diventa paesaggio vivente, rivelandosi mentre crolla: nell’ultimo livello, i giocatori assumono il ruolo stesso del fuoco, in una meditazione sulle ecologie del disastro e sulle possibilità di resilienza oltre l’umano.
La poesia e la riflessione ecologica guidano invece Decomposition into Ghazal (2020) di Asim Khan, un omaggio al poeta Robinson Jeffers che evoca i processi della decomposizione come ritorno alla terra e come canto lirico di amore, perdita e trasformazione.
Infine, in Daughter of Dog (2024), Revital Cohen & Tuur Van Balen compongono un’elegia visiva e sonora dedicata a quello che chiamano “lutto selvaggio”: immagini associative – cani robot, piante carnivore, falene, danzatori – si intrecciano a testi e rituali, generando un flusso inquieto e frammentato, in cui il dolore diventa energia instabile, capace di trasformarsi in nuove visioni e possibilità.