Sale a nove il numero delle vittime italiane legate all’infezione da West Nile Virus dall’inizio dell’anno. L’ultimo decesso, un 76enne in dialisi, si è registrato ieri in Campania, portando a cinque le fatalità in quella regione. Il bilancio complessivo vede ora un decesso in Piemonte, tre nel Lazio e cinque in Campania. Ma è davvero il momento di preoccuparsi per un’epidemia?
Nessun aumento dei casi, ma cambiamento geografico
Secondo l’infettivologo Matteo Bassetti, primario dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, non sembra esserci un aumento dei casi rispetto agli anni precedenti. La differenza sostanziale, sottolinea l’esperto, risiede nella distribuzione geografica, con un coinvolgimento più marcato di regioni come il Lazio e la Campania rispetto al passato.
“Evitiamo l’allarmismo e cerchiamo di dare indicazioni molto precise ai cittadini”, raccomanda Bassetti, mirando a prevenire un’inutile congestione dei pronto soccorso, già sotto pressione durante la stagione estiva.
Quando rivolgersi al medico: i sintomi da non sottovalutare
Bassetti è categorico: non bisogna correre al pronto soccorso semplicemente per la febbre. “Assolutamente no, non è così, non facciamo questo errore”, ammonisce via social.
Allora, quando è necessario rivolgersi a una struttura sanitaria? L’esperto chiarisce: se si è stati punti da zanzare in una delle zone endemiche per il virus West Nile nel nostro Paese, e solo se la febbre è accompagnata da sintomi neurologici.
Questi sintomi includono:
- Mal di testa persistente
- Rigidità nucale
- Confusione mentale
- Paralisi dei nervi facciali
- Tremori
“Se ci sono dei sintomi neurologici che si associano alla febbre, si può andare in ospedale per farsi visitare e diagnosticare”, spiega Bassetti. “Negli altri casi”, rassicura l’infettivologo, “non ha nessun senso andare in ospedale e intasare i pronto soccorso”.
La prevenzione, attraverso l’uso di repellenti e l’eliminazione dei ristagni d’acqua, rimane la migliore difesa contro la puntura di zanzare portatrici del virus.