“Ciascuno di noi, nel proprio bagaglio di memorie personali, conserva il ricordo di almeno un’occasione in cui, in un’assolata giornata al mare o nel freddo di un pomeriggio invernale, si è ritrovato con gli amici in qualche bar a giocare a biliardino o, come anche è chiamato, al “calciobalilla”. Per decenni a partire dal periodo fra le due guerre mondiali ma soprattutto dopo la fine della seconda, i biliardini sono stati assai diffusi nei locali pubblici e solo l’affermazione dei videogiochi ne ha progressivamente soppiantato la presenza senza, peraltro, diminuirne il fascino”.
Nella memoria di tante persone rimane vivo a tutt’oggi il ricordo di “durissime” partite a calcetto in oratorio o in altri ambienti ricreativi. Anche “chi scrive” ha sostenuto confronti accesi con più avversari, vincendo raramente, ma guadagnando comunque in divertimento e serenità. Mi ricordo, se pur vagamente e solo in parte, che vi era tutto un lessico attinente al gioco, come ad esempio il “gioco di mezza palla”, quando la pallina veniva colpita di striscio, oppure “tiro alla Napoletana”, espressione usata quando si faceva battere la pallina sulla sponda per metterla in gol. Altro tiro che ricordo era di “Coccodrillo o di Spada”, e consisteva in un tiro diretto e violentissimo della pallina da parte del difensore direttamente in porta. Altre espressioni non me ne sovvengono, poiché, a dire il vero, a noi ragazzi poco importava l’espressione usata di ogni stile nel gioco, l’aspetto più sostanziale era divertirsi.
I trucchi per giocare a scrocco…
I sistemi artigianali (ma geniali) per giocare “a scrocco” meriterebbero un manuale a parte. Mi limito a ricordare, al volo, il bastoncino dei ghiaccioli spezzato e utilizzato per mantenere “aperta” la leva della gettoniera e i cumuli di sabbia gettati dentro le porte, per recuperare le sfere dopo i goal.
La ricerca…
Avendo fatto una ricerca su chi ha ideato “il calcetto”, chiamato talvolta anche con il nome di “biliardino”, ho appreso che riguarda un percorso storico non semplice perché esistono diverse versioni riguardo alla paternità del gioco.
Le fonti che riguardano la storia del “biliardino” sono diverse e non sempre chiare. Alcuni elementi, poi, sembrano essere contraddittori. In linea generale, comunque, gli studiosi tendono a ritenere che l’invenzione dovrebbe essere avvenuta nel periodo 1920-1930. Rispetto a tale arco temporale vengono indicate più persone. Tra queste, il tedesco Broto Wachter e lo spagnolo Alejandro Finisterre. I primi biliardini furono costruiti in legno: un cassone montato su quattro gambe, il piano da gioco in compensato e aste e omini anch’essi in legno.
Il Biliardino In Italia…
E l’Italia, dove si colloca in tutto ciò? Secondo le stime, il primo biliardino italiano sarebbe stato costruito artigianalmente sempre nel 1937, ma fu solamente negli anni 50 che iniziò la produzione industriale della famiglia Garlando, oggi leader mondiale in questo campo. Negli anni del boom economico, quando la guerra sembrava un ricordo lontano, il biliardino iniziò ad entrare nelle vite degli italiani, trovando il proprio spazio nei luoghi di aggregazione, negli spazi collettivi. Dai bar agli oratori, dai campeggi agli hotel di lusso. Insomma, un gioco che sormontava barriere sociali, economiche e fisiche allora, proprio come oggi.
Ma attenzione, la storia del calciobalilla non termina qui. Dal 2022, infatti, la disciplina è stata riconosciuta come sport a livello nazionale in seguito ad una votazione all’unanimità da parte del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI). L’Italia ha dunque una nazionale maschile, una nazionale femminile, una nazionale paraolimpica ed un gruppo di giovanissimi, insomma una cosa serie. Solo un paio di settimane fa, i nostri atleti si sono recati a Nantes per disputare la coppa del mondo, giocando contro 45 altri paesi. E sì, abbiamo anche portato a casa una medaglia, un bel bronzo per la coppia maschile under 19.
Che sia il vostro sport, la vostra passione, o il vostro incubo (se siete scarsi), la prossima volta che giocate a biliardino non dimenticatevi della sua storia e della sua capacità di aggregazione. Nella migliore delle ipotesi sarete selezionati per la nazionale, nella peggiore, troverete nuovi amici con cui passare l’estate 2025.
Il calciobalilla per l’Italia, una cosa seria…
Nelle sale giochi in Italia agli inizi degli anni ’60 si incominciarono a intravedere i primi bigliardini, che imparammo a chiamare calciobalilla, e che furoreggiavano anche nelle parrocchie e non solo nei locali pubblici. Avevano quattro stecche per lato, e queste potevano essere a scorrimento libero, ossia uscivano dalla parte opposta a quella nella quale il giocatore si posizionava, o telescopiche, ossia contenute in un secondo cilindro, limitando i fastidi a chi giocava dal lato opposto ed anche eventuali danni nella foga con cui si disputavano gli incontri.
Sulle quattro stecche erano fissati, undici per lato, i pupazzetti in plastica, rossi e blu, ai quali era demandato il compito di segnare il gol o di proteggere la porta; la loro disposizione non seguiva alcuno schema di gioco ma solo una logica successione fino a metà campo, con il portiere e i due terzini per difendere la porta, schierati fino al limite dell’area di rigore; quindi una terna di giocatori avversari, per cercare il tiro e realizzare il gol; e ancora un’ultima serie di cinque pupazzetti a centro campo. Di fronte a questi ultimi, ne stavano altri cinque, a contendersi la pallina all’inizio dell’incontro ed ogni volta che si segnava una rete. La pallina, di plastica dura e di colore bianco, era tirata da uno dei concorrenti, che potevano giocare singolarmente o in coppia. Subito dopo questi cinque giocatori, un’altra stecca con tre pupazzetti schierati in attacco, e a difesa i terzini e il portiere.
Per cominciare una partita si inseriva in un’apposita gettoniera una moneta, il cui importo era variabile a seconda del luogo in cui si disputavano gli incontri, e rapportato al numero di palle che uscivano, una volta sola, quando, inserita la moneta, si tirava una leva che scorreva in senso orizzontale, dalla parete del biliardino verso l’esterno. Le palline scendevano fino ad una cassetta posizionata sulla parte inferiore del calciobalilla; una fessura, larga quanto bastava per infilare la mano, permetteva di prenderne una alla volta, per cominciare la partita o riprendere il gioco quando veniva segnato il gol. La leva aveva al suo estremo una manopola nera, avvitata. Proprio questa ci suggeriva di mettere in atto uno dei tanti trucchi che avevamo escogitato per far continuare la partita all’infinito: fissare una stecca di legno, quella che rimaneva del celebre Pinguino dell’Eldorado, fra la manopola e la parete del calciobalilla. L’espediente non faceva chiudere il contenitore, sicché la pallina, una volta segnato il gol, proseguiva libera verso la buca, dalla quale la estraeva la mano agile del giocatore, rimettendola in campo per la successiva giocata!
Ovviamente, questa operazione era possibile solo se il custode del bigliardo non si accorgeva di nulla, altrimenti erano guai, e anche seri! A turno ci provavamo un po’ tutti, accondiscendenti e compiacenti per una trasgressione che non consentiva avvicendamenti al bigliardino. E questo insospettiva il gestore, che a fine serata tirava le somme e trovava nella gettoniera incassi alquanto grami!
Chi gioca a calcio balilla lo fa per passione, non per bramosia di vittoria. In questo i principi che lo spagnolo Finisterre cercò di inculcare in quella semplice ed allo stesso tempo geniale invenzione sono tutt’oggi saldi. Chi non potrà conoscere la gioia del calcio per problemi fisici potrà sempre dedicarsi al calcio balilla che incarna tutti i principi dello sport e che nel 2012 conosce decine di varianti e di specialità oltre ad avere costituito un regolarmente internazionale da rispettare sia tra amici che in competizioni ufficiali.