Il governo sta mettendo a punto una manovra economica che si preannuncia come un chiaro segnale di attenzione nei confronti del ceto medio, da anni schiacciato tra l’alta pressione fiscale e l’inflazione. I due pilastri di questa strategia sono la “Rottamazione quinquies”, una sanatoria flessibile per i debiti col fisco, e un taglio delle aliquote Irpef.
L’obiettivo politico è chiaro: non puntare sui condoni generalizzati, ma offrire un aiuto concreto a quei contribuenti onesti che si trovano in difficoltà. Come ha ribadito il sottosegretario all’Economia Federico Freni, le due misure non sono in competizione, ma complementari, e le risorse necessarie verranno trovate “nel rispetto dei conti pubblici”.
La nuova rottamazione: un patto più flessibile
La “Rottamazione quinquies” si distingue per la sua flessibilità. Non si tratta solo di spalmare i debiti, ma di creare un meccanismo che tenga conto delle difficoltà economiche. La proposta prevede:
- Fino a 120 rate in 10 anni, con la possibilità di saltarne 8 (anche non consecutive) senza perdere i benefici.
- Inclusi i debiti affidati all’agente di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2023.
Questa misura non è un “liberi tutti”: esclude esplicitamente i cosiddetti “debitori seriali”, coloro che hanno sfruttato le precedenti sanatorie senza mai regolarizzare la propria posizione. L’obiettivo è duplice: alleggerire il carico di contenziosi che intasano i tribunali tributari e ridare a famiglie e imprese la possibilità di pianificare il proprio futuro economico.
Taglio Irpef: un risparmio per la classe media
L’altra tessera del mosaico è la riforma dell’Irpef. L’ipotesi più concreta è la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione, che scenderebbe dal 35% al 33%. Questo taglio, unito all’ampliamento della fascia di reddito interessata (probabilmente da 28.000 a 60.000 euro annui), potrebbe tradursi in un risparmio fino a 1.440 euro all’anno per i redditi più alti.
È un segnale forte e un’inversione di tendenza: dopo anni di bonus concentrati sui redditi più bassi, il governo punta a ricucire il rapporto con la classe media, che spesso si sente penalizzata, trovandosi esclusa da molti bonus ma non abbastanza forte per sopportare il peso di tasse e inflazione.
I dubbi e le scommesse del governo
La sfida principale è trovare la copertura finanziaria per entrambe le misure, senza compromettere la stabilità dei conti. La risposta del governo è chiara: non c’è contrapposizione tra le due iniziative, e le risorse verranno da una crescita economica più robusta del previsto, con una stima del PIL 2025 vicina allo 0,6%.
Parallelamente, il vicepremier Matteo Salvini ha rilanciato una sua storica battaglia: escludere la prima casa dal calcolo dell’ISEE. Una mossa che, se attuata, allargherebbe la platea di beneficiari di bonus e agevolazioni, aprendo la strada a un welfare fiscale più inclusivo per il ceto medio.
L’occhio di Bruxelles e la sfida della fiducia
Mentre in Italia le misure raccolgono ampi consensi, a Bruxelles si osserva la situazione con prudenza. La Commissione europea ha più volte sollecitato l’Italia a rispettare i vincoli del nuovo Patto di stabilità. La rottamazione, pur riducendo il contenzioso, potrebbe avere un impatto limitato sulle entrate immediate, mentre il taglio dell’Irpef ha un costo diretto per le casse dello Stato.
La scommessa del governo è che il maggiore potere d’acquisto e l’incremento dei consumi compensino la perdita di gettito. Si tratta di una strategia ambiziosa, che non è solo un intervento tecnico, ma un messaggio di fiducia: lo Stato si presenta non come un creditore spietato, ma come un partner disposto a riconoscere le difficoltà dei suoi cittadini. Se questa strategia avrà successo, potrebbe inaugurare una nuova stagione fiscale, meno conflittuale e più equa.