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Home » Ragusa, estate anni 60

Ragusa, estate anni 60

Storie di Sicilia

Redazione by Redazione
28 Luglio 2025 - Aggiornato alle ore 12:14 -
in Attualità
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Ragusa, estate anni 60

Ragusa, estate anni 60 - foto comunicato

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Ragusa – Se si volesse scegliere un’immagine da copertina a quel periodo prodigioso fra gli anni Cinquanta e Sessanta chiamato “miracolo economico” sarebbe quella riflessa dallo specchietto retrovisore di una Fiat 600 sulla strada verso le spiagge affollate della propria riviera in un afoso giorno d’estate…

Gli anni ’60 hanno rappresentato per il nostro Paese un periodo di grandi speranze, caratterizzato dalla convinzione collettiva di una rinascita etica, morale, sociale e culturale.

Uscita dal disastro della seconda guerra mondiale e dalla dolorosa parentesi del Ventennio fascista, l’Italia seppe trovare impreviste risorse culturali e vitali per ripartire. Il boom economico, la produzione e il consumo di massa proiettarono il Paese in una nuova fase storica; la politica nazionale conobbe la fase riformista dei governi di centro-sinistra; la società scoprì la risorsa della scuola e dell’università di massa, l’emancipazione femminile e la protesta sindacale. La Chiesa conobbe la stagione del Concilio Vaticano II che la proiettò in un nuovo orizzonte. A chiudere il decennio ci pensò poi la protesta giovanile del ’68, che spazzò via i più antichi retaggi dell’autoritarismo e della tradizione. Furono anni determinati dalla speranza di un mondo finalmente nuovo e a misura d’uomo; tuttavia se molte di quelle speranze si concretizzarono in cambiamenti evidenti, altre naufragarono nella violenza, nel nichilismo e nell’ideologia.

Gli anni ’60 furono caratterizzati da un crescente desiderio di libertà individuale, espressione artistica e ricerca di nuove forme di espressione. Le nuove generazioni cominciarono a ribellarsi contro le tradizioni conservatrici, abbracciando ideali di emancipazione e uguaglianza. Questo cambiamento culturale influenzò profondamente anche le abitudini estive degli italiani.

Durante gli anni ’60 l’approccio alle vacanze estive subì un cambiamento radicale. Le abitudini vacanziere diventarono più aperte, informali rispetto alle tradizioni del passato. Invece di seguire rigidamente le consuetudini estive, come la passeggiata sulla spiaggia o i costumi da bagno retrò, gli italiani iniziarono a sperimentare uno stile di vita più rilassato e libero.

Uno dei segni più visibili dei cambiamenti estivi fu la rivoluzione dei costumi da bagno. Negli anni ’60 i costumi da bagno tradizionali furono sfidati da tagli più audaci e innovativi e dai colori vivaci. I giovani indossarono costumi più sgambati e bikini, sfidando le restrizioni imposte dalla moda precedente.

La spiaggia divenne un luogo di incontro e di espressione personale. Le nuove generazioni affollarono le coste italiane non solo per prendere il sole e fare il bagno, ma anche per socializzare, ballare e ascoltare musica. Questo cambiamento trasformò la spiaggia in uno spazio di libertà, dove non solo l’individualità ma la socialità e la creatività potevano fiorire.

Gli anni ’60 lasciarono un’impronta duratura sulla società italiana. L’apertura verso nuove idee, l’emancipazione delle donne e la ricerca di autenticità influenzarono profondamente le abitudini estive e la cultura del tempo. Questo cambiamento contribuì anche a plasmare il panorama culturale e sociale dell’Italia moderna.

Gli anni ’60 in Italia furono testimoni di una rivoluzione sociale che si manifestò anche nelle abitudini estive degli italiani. La volontà di sfidare le tradizioni, abbracciare la libertà individuale e rompere con il passato ha portato a un cambiamento significativo anche nelle vacanze estive. Questo periodo segnò un importante passaggio verso un’epoca di maggiore apertura e diversità culturale, lasciando un’impronta duratura e profonda nell’immaginario collettivo del Paese.

LE VACANZE NEGLI ANNI ‘60

Il mare è sempre stato irresistibile per noi italiani. Popolo di navigatori, santi e turisti della domenica, soprattutto per chi era talmente fortunato da abitare ad una distanza ragionevole da invitanti coste e fresche acque.

Anche le vacanze negli anni ‘60 erano del tutto diverse da quelle che conosciamo oggi.

In quel periodo non tutti potevano permettersi di andare in vacanza. Solo chi possedeva un’auto poteva partire con tutta la famiglia, anche se questa era numerosa. Le auto erano piccole e per contenere tutti i familiari i bambini venivano fatti sedere sulle gambe degli adulti. I tetti delle auto erano caricati con ombrelloni e valigie, e il tutto veniva legato con delle corde per assicurarsi di non perdere il carico durante il viaggio. Il cibo invece veniva conservato con molta attenzione all’interno dell’auto. Una volta arrivati in spiaggia le famiglie si posizionavano con ombrelloni, si stendevano asciugamani e si iniziava a fare amicizia con le famiglie vicine, mentre i bambini giocavano sulla sabbia. Era tutto molto semplice e spontaneo a differenza di oggi, che siamo diventati diffidenti su tutto e tutti.

Chi invece non possedeva un’auto cercava di raggiungere le spiagge più vicine utilizzando le biciclette. Anche le sponde dei fiumi erano molto gettonate, famosissime le immagini in televisione o sulle riviste delle vacanze in prossimità di fiumi e di laghi. Vacanze sul litorale marittimo erano le preferite. Se le famiglie decidevano di restare in spiaggia tutto il giorno, si portavano il pranzo da casa fatto di frittate, cotolette, parmigiane ed ogni altro piatto purché…non leggero.

Pranzo al mare anni ‘60

Ovviamente a mezzogiorno pastasciutta, frittata, cotolette e cocomero. Tutto annaffiato con del buon vino. Riposino e calma nelle ore più calde. Partita a bocce con il vicino di ombrellone. Spesso anche vicino di casa. Chiacchiere, bagno di mare o di sole, a seconda dei problemi fisici da risolvere, sabbiature, volontarie o forzate, smontaggio e preparazione per il rientro, stanchi ma tanto, tanto felici.

Il Ricordo: la mia Tipica giornata al mare… anno 1967

Le vacanze della mia infanzia altro non erano che gite fuoriporta fatte indiscutibilmente al mare d’estate… nella mia amata Marina di Ragusa.

Abitavo in città e la domenica mattina con la mia famiglia si partiva per raggiungere il mare, ovviamente con i pullman… quelle vecchie corriere blu degli anni ’50 che piene all’inverosimile ci portavano a destinazione.

Ci alzavamo la mattina abbastanza presto, ma, sia per il tempo impiegato per il viaggio (per noi ragazzini ci sembrava interminabile) sia perché si dovevamo sempre comperare, all’ultimo momento, altri beni da consumare in spiaggia, non arrivavamo mai prima delle 11,00 allo stabilimento balneare… generalmente andavamo dallo stabilimento “Serafino”.

Ci sistemavamo nella cabina assegnataci, affittata per la giornata, cosa che non sempre ci potevamo permettere, e con mia madre e le sue cognate andavamo nel casotto sistemato vicino all’entrata a svolgere il primo rito della giornata: l’affitto dei costumi da bagno.

Sì, perché alla fine degli anni ‘50 primi anni ‘60 non era tutto come vediamo adesso nelle riviste d’epoca con modelle e modelli di ragazze e ragazzi in posa ai bordi di piscine nella sfavillante Saint-Tropez, con bikini o costumi interi tipici degli anni ’60… C’erano acquisti ben più necessari da privilegiare, per cui il noleggio di un costume era la soluzione più economica ed immediata per godersi una giornata al mare con pochi soldi. La maggior parte di questi capi proveniva dal mercato americano, era tutta merce che proveniva dall’America; tutto abbigliamento che le signore americane donavano in beneficienza ma che da noi veniva venduto nelle bancarelle dei mercati o come in questo caso preso a nolo. Si vedeva, a ridosso delle spiagge più affollate, un coloratissimo bazar di bancarelle dove le signore si buttavamo nell’affannosa ricerca di un capo adatto a noi bambini. Alcuni di questi costumi sembravano busti ortopedici, con stecche e reggiseni preformati ed alcuni, come si usava allora, con un accenno di gonnellino per le ragazze più pudiche che volevano nascondere lo stacco della sgambatura ma che non copriva ahimè le pelurie inguinali delle giovani zie poco avvezze, allora, a rasoi e creme depilatorie.

Il mio primo costume, me lo ricordo ancora, era a forma di pantaloncino di un tessuto che sembrava il gommato dei canotti, era bicolore: la mutandina blu e il resto nero, era pesante e sembrava non asciugarsi mai, anzi con il peso dell’acqua tendeva a scendere visto che non c’era neanche il laccio per sostenerlo… creando in me una costante preoccupazione. Per qualche domenica l’ho avuto a noleggio poi diventò mio, mia madre mi disse che potevo tenerlo.

E così che ci si godeva la nostra giornata al mare fra bagni, sole e spiaggia

I solari non sapevamo neanche cosa fossero, a me che ero un ragazzino provvedeva l’acqua del mare e madre natura… e così che la sera ogni volta che ritornavo dalla mia giornata al mare ero puntualmente un po’ più rosso dell’ Aristaeomorpha foliacea (Gamberetto Rosso). Mia madre invece aveva una minuscola scatolina in latta tonda della Leocrema che spalmava con parsimonia solo sul viso. ancora adesso l’odore di quella piccola crema e il rossetto della Standa mi ricordano mia madre.

Le sensazioni sono sempre le stesse…

Scoprire di aver fretta di arrivare, di affondare i piedi nella sabbia calda e poi correre a riva, senza farsi accorgere, salutare quel mare che solo ora ci accorgiamo esserci mancato così tanto. Arriva la sera e siamo senza fiato: abbiamo riso, giocato e respirato l’aria di tanto tempo fa, in fondo niente è cambiato… o quasi.

  Salvatore Battaglia

Presidente Accademia delle Prefi

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