Resta in obitorio la salma di Maria Zarba perchè sarà necessario eseguire altri accertamenti sul cadavere della donna per avere riscontri definitivi dall’autopsia eseguita ieri sera dal medico legale incaricato dalla Procura, Giuseppe Juvara.
Si cerca, in particolare, di capire quale oggetto sia stato usato dal presunto assassino, il marito, Giuseppe Panascìa, per fracassare il cranio della donna. L’arma del delitto, che non è stata ancora trovata, potrebbe essere anche un’ascia o un attrezzo di lavoro simile. L’autopsia ha confermato la ferocia con i quali i colpi sono stati sferrati dall’assasino: sarebbero stati almeno cinque quelli mortali che hanno spaccato la calotta cranica di Maria Zarba, trovata in una pozza di sangue dal nipote che viveva con lei, nella casa di via Hodierna, a Ragusa.
Gli elementi raccolti dagli inquirenti, tra i quali il sangue trovato nell’auto del presunto assassino, confermano il quadro indiziario che hanno portato al fermo dell’uomo: Giuseppe Panascia sarebbe entrato ed uscito dall’abitazione della donna, in orari compatibili con il delitto, come dimostrano le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona. E’ uno dei particolari che hanno convinto il gip a convalidare il fermo dell’uomo e a lasciarlo in carcere per la sua pericolosità, per la possibilità di fuga e di inquinamento delle prove. L’uomo, da parte sua, continua a negare ogni addebito.
L’avvocato difensore di Giuseppe Panascia, Valentino Coria, ha detto che si attendono adesso le analisi e le risultanze scientifiche per capire a chi appartiene il sangue trovato nell’auto e per effettuare eventuali ulteriori valutazioni.