I laboratori sono una componente essenziale dell’attività portata avanti dalla Cooperativa Proxima che garantisce ospitalità alle vittime di tratta nell’ambito del progetto Fari 2.0 finanziato dal dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri.
Ecco perché chi cura il progetto e chi assiste le vittime trova sempre nuove formule per garantire l’interazione tra queste ultime occupandole in attività di vario genere che, tra l’altro, consentano la socializzazione. “Tenere impegnati i nostri ospiti in maniera costruttiva – sottolinea il presidente di Proxima, Ivana Tumino – è un aspetto che coltiviamo con molta attenzione. Siamo molto attenti alla loro sensibilità e alla loro cultura. E, soprattutto, cerchiamo di creare occasioni di integrazione con sistemi o iniziative di vario genere che possano risultare apprezzati.
Finora i nostri riscontri sono stati sempre molto positivi. E cerchiamo di andare avanti lungo tale direzione per crescere tutti assieme e per migliorare la qualità dell’ospitalità a fronte del fatto che stiamo parlando di persone che hanno subito violenze e angherie di ogni tipo e che, dunque, hanno tutto un vissuto da ricostruire e, per certi versi, da accettare”. Servono aspetti che abbiano presa, dunque, come il laboratorio realizzato nel corso di questi ultimi giorni, curato dalla fotografa professionista Francesca Commissari, in cui le ospiti si sono divertite a comporre un puzzle-poster fotografico che raffigura un momento divertente dei vari scatti realizzati assieme.
Chi ha partecipato al laboratorio lo ha fatto in maniera convinta e dimostrando di essere partecipe dei vari percorsi portati avanti. Un’attività attenta e accorta per far sì che i riscontri, in termini di integrazione, possano risultare sempre più positivi e all’altezza della situazione. “Vogliamo anche cercare – dice Commissari – un archivio della tratta, favorendo il documentarismo partecipativo che passa dalla fotografia al video, senza trascurare altri mezzi espressivi. Mettiamo, poi, in rilievo la questione della funzione catartica della fotografia. L’autoritratto, ad esempio, può contribuire a far superare il trauma del viaggio”.