La natura del nostro paese “Italia” il suo sentimento prevalente, il suo carattere nazionale, è radicalmente cambiato nel corso degli ultimi anni: da paese democristiano, mediatore, conciliante e compromissorio, (però unito sui valori di fondo e sul cammino in Europa ed in Occidente) siamo diventati un insieme di radicalità sparse, senza punti di riferimento condivisi, senza una bussola comune, senza più la capacità di riconoscere il quadro delle istituzioni repubblicane.
Ma di chi è la colpa di questo incattivimento spontaneo della società si chiede Ezio Mauro su Repubblica del primo Marzo? L’onda lunga della globalizzazione ha frantumato e disperso un patrimonio di conoscenze e di certezze e invece di provare a governare i fenomeni ci si è chiusi nel proprio privato. La metamorfosi sociale cambia anche la domanda che rivolgiamo alla politica. Invece di chiedere garanzie per l’espansione dei nostri diritti chiediamo sicurezza per le nostre paure; invece di pretendere un cambiamento del discorso pubblico domandiamo tutela per i nostri egoismi privati. Si riduce di conseguenza lo spazio concettuale della politica ed ogni espressione diventa più povera e più aggressiva ed alimenta un fenomeno che si sta diffondendo sempre più in varie parti dell’ Europa.
I sistemi politici vengono trasformati in regimi e pertanto non serve più la politica per trasformare, per correggere; le istituzioni non vanno conquistate ma spodestate. Mauro ci fa notare che oramai esistono due istinti, due motori distinti e paralleli della politica italiana, che si muovono sulla base di pulsioni, emozioni, impulsi, sensazioni, fuori da ogni cornice culturale, fuori dalla vicenda repubblicana del dopoguerra, fuori dal sistema, condannato a marcire. Si capisce che a questo punto la ferocia del linguaggio fascioleghista venga scambiata per autenticità, cosi come l’incompetenza dei grillini viene rivendicata come estraneità a tutto ciò che è castale, sistemico, istituzionale: il sapere, l’esperienza, la conoscenza.
I due immaginari separati e distinti compongono un mondo, l’antisistema, dove l’unica moneta è l’antipolitica, dove si sta in Parlamento da antagonisti, dove il nemico comune è il meccanismo democratico e il sistema dei valori dell’Occidente. E conclude con un inevitabile paradosso democratico, ovvero che il perimetro dell’antisistema può essere colmato con la sinistra di governo che deve difendere il valore del pensiero liberale, vero nemico dei due populismi.