Aumentano, secondo gli esperti, le situazioni che fanno emergere situazioni di rabbia e aggressività tra i più piccoli.
Per capire dove passa il confine tra ciò che è normale e ciò che è patologico è nato il progetto di ricerca "La rabbia che non si vede" presentato alla Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma. Attraverso dei test gli esperti riescono a differenziare diversi gradi di rischio che possono portare a psicopatologie come la tossicodipendenza, il cyberbullismo o l’isolamento. Tra le cause che determinano la rabbia ci sono gli episodi di violenza in famiglia, o la perdita di un genitore in seguito ad una separazione non consensuale. Gli esperti hanno anche scoperto che esiste una rabbia distruttiva, ma anche una rabbia costruttiva.
La prima può causare disturbi dell’apprendimento, perché compromette l’autostima e la capacità dei bambini di credere in se stessi. Mentre una sana forma di aggressività può promuovere la crescita. I genitori però hanno il compito di accompagnarla con la loro presenza. A mettere in guardia è lo psichiatra del Policlinico Gemelli Federico Tonioni, responsabile del progetto di ricerca "La rabbia che non si vede" presentato a Roma e sostenuto dalla Comunità Incontro Onlus e dalla Fondazione Valuer. "Analizzando i pazienti dipendenti da web, abbiamo capito che la rabbia è matrice di tante derive psicopatologiche negli adolescenti", spiega Tonioni, che dirige l’Ambulatorio per la dipendenza da internet del Gemelli.
"La cosa che abbiamo notato è che i loro occhi sono difficili da incrociare ma pieni di aggressività inconsapevole. Il primo passo per superarla è dare un nome a quello che sentono". C’è però anche, prosegue l’esperto, "una sana forma di aggressività che è quell’istinto grazie al quale i bambini apprendono dall’esperienza ed esplorano l’ambiente". Questa spinta irrefrenabile "è la stessa che induce ad esempio un bambino a camminare". Ma è necessario che tale energia vitale sia accompagnata da una presenza di un genitore. Un adulto, non deve necessariamente intervenire. Ma deve essere presente. Se ciò non accade, l’istinto a crescere non diventa esperienza e viene trattenuto dentro, trasformandosi in rabbia".
"L’aggressività repressa – ricorda Luigi Janiri, direttore UOC Psichiatria del Gemelli – è una delle cause della cardiopatia ischemica in persone predisposte". Inoltre, aggiunge Giampaolo Nicolasi, presidente Comunità Incontro Onlus, "la rabbia spesso porta a sfogarsi con l’uso di droghe. Tra i nostri ragazzi, chi fa uso di stupefacenti racconta sempre di aver avuto disagi in ambito familiare o bullismo".