Grazie all’IISS “G. Carducci” di Comiso è tornata alla luce la sesta catacomba del complesso di Cava Porcaro.
L’iniziativa avviata a novembre in accordo con l’Ufficio servizio per il territorio di Ragusa e con la Soprintendenza BB. CC. AA. di Ragusa, ha riguardato l’area del Parco Archeologico Naturalistico presso la necropoli paleocristiana ed è stata inserita nell’ambito delle attività di alternanza scuola lavoro previste dal progetto AUREUS in corso di svolgimento nell’Istituto. Gli studenti sono guidati dal prof. Dario Puglisi Cascino, docente di Storia dell’arte nella sezione classica dell’istituto comisano, responsabile del progetto AUREUS e Archeologo e Tutor del Progetto insieme al prof. Salvatore Garofalo. Durante lo svolgimento dell’attività era stato il dott. Salvatore Distefano, a segnalare la possibilità di identificare un’ulteriore catacomba nella necropoli oltre alle cinque già note e così il 5 gennaio scorso i ragazzi e i docenti insieme alla Soprintendenza, il gruppo G.R.E. e lo speleologo Antonio Occhipinti dello Speleo club ibleo, assistiti anche dalla Dirigente Scolastica M. G. Lauretta, che ha sostenuto il progetto, sono risaliti a quella che tramite varie osservazioni topografiche sembra essere la sesta catacomba del complesso di Cava Porcaro.
Questa catacomba, collocata vicino alla più grande, è stata ostruita, negli anni ’60 e utilizzata come cisterna. L’ ingresso della cisterna, da cui si è calato lo speleologo, era coperto da una grata e da un masso. Prima di eseguire l’ indagine, l’ambiente è stato svuotato dall’acqua con una pompa idraulica fornita dal gruppo G.R.E. All’ indagine ha assistito anche la Annamaria Sammito, ispettore della Sovrintendenza dei Beni culturali di Ragusa che ha supervisionato l’attività. Lo speleologo ha filmato tutta la sua ispezione e ha riferito: “proprio sotto l’ingresso c’è un cumulo di terra caduta e sassi nonché numerosi detriti. L’ ipogeo ha una forma ellittica di 8X8 metri; ci sono cinque arcosoli, ovvero sepolture disposte lungo le pareti. L’interno è quasi interamente intonacato; l’ ultimo strato è cementizio. Sono visibili numerosi strati di intonacatura nei punti in cui l’intonaco si è staccato. Sono riportate numerose scritte, con date, nomi e sicuramente anche l’anno in cui è stato dato l’ ultimo strato di intonaco.
Il tetto è di pietra massiccia e all’interno vi sono numerose radici, scheletri di topi e mandorle. In realtà quella grotta era già stata descritta da Catullo Mercurelli in un articolo pubblicato sulla Rivista di Archeologia Cristiana nell’anno 1945. L’esplorazione più accurata attraverso un qualche saggio di scavo potrà permettere più precise conclusioni in proposito.