Se pensiamo come era il mondo soltanto qualche centinaio di anni fa ci rendiamo conto di quanti progressi sono stati compiuti. La fine della schiavitù, la democrazia, la nascita del welfare state , erano utopie che venivano coltivate dai grandi pensatori ma sembravano irrealizzabili, impossibili.
Sembravano fantasie, un’accensione utopistica anche se già Oscar Wilde diceva che il progresso non è altro che il farsi storia delle utopie. “La storia è piena di varianti orribili di utopismo – il fascismo, il nazismo, il comunismo – proprio come ogni religione ha generato le sue sette fanatiche” ci racconta nel suo libro Rutger Bregman , Utopia per realisti, edizione Feltrinelli; ma se un fanatico invita alla violenza dobbiamo automaticamente scartare l’intero credo? Dovremmo smettere definitivamente di sognare un mondo migliore? Se non fosse per i sognatori del passato, oggi saremmo tutti più poveri, stupidi, malati… . Infatti le pietre miliari del progresso civile un tempo erano soltanto fantasie.
Simonetta Fiori su Repubblica del 3 settembre sintetizza bene il pensiero “utopico” di Bregman come “sradicare la povertà con il reddito universale di base, ridurre la settimana lavorativa a quindici ore per permettere a uomini e donne di occuparsi della famiglia e della collettività, vagheggiare l’abbattimento di confini barriere per accogliere popoli migranti.” Questo libro è inoltre un invito alla politica, alla passione ideale, non solamente l’amministrazione dell’ordinario; sembra il ritorno del pensiero sessantottino “siate realisti chiedete l’impossibile”. Infatti oggi la sinistra mette a tacere le idee più radicali per paura di perdere voti, la sinistra europea sa dire solo cosa non è.
E contro chi è. Contro l’austerity, contro l’establishement, contro l’omofobia, contro il razzismo. Invece bisogna dare alla gente la speranza di un mondo migliore: Martin Luther King non diceva “ho avuto un incubo”, diceva “Io ho fatto un sogno”. Ed è proprio in questo momento storico di grande crisi internazionale: dall’America di Trump alla Brexit ,dalla Corea al fanatico attacco della cultura europea, che bisogna evitare di rimanere legati allo status quo. Ogni crisi è un opportunità. Ed è nei momenti di crisi che attecchiscono nuove idee.