Molteplici le iniziative messe in campo nel mese di giugno da Legambiente Ragusa per la difesa del territorio. A cominciare dalla difesa dei vincoli paesaggistici contro chi, in questo caso Confindustria, li ritiene paralizzanti per lo sviluppo dell’intera isola. In una nota congiunta con il circolo “Chico Mendes” di Siracusa, il ragusano circolo “il Carrubo” osserva che “il turismo legato a cultura e natura insieme all’agroalimentare di qualità oggi è il solo settore che tira in Sicilia e che ha un futuro a patto di conservare integro il paesaggio, mentre l’industria pesante legata agli idrocarburi a voler essere buoni ha lasciato disastri in termini di effetti sulla salute, effetti ambientali e a livello economico ha prodotto uno sviluppo effimero.
Il piano paesaggistico di Ragusa, ritenuto la causa dei mancati investimenti industriali nella ricerca e sfruttamento degli idrocarburi, è il minimo livello di tutela del territorio possibile che si può accettare in un paese civile ma che sfigura nei confronti di quelle delle altre regioni, vedi la Toscana o il Trentino che con norme molto più rigide hanno livelli di disoccupazione molto minori a dimostrazione che la tutela del paesaggio produce sviluppo. Eppure Confindustria si lamenta dei troppo vincoli che frenerebbero lo sviluppo e gli investimenti. Ma a Ragusa il petrolio è finito e quel pò che c’è non vale la pena di raccoglierlo, se è vero che il nuovo pozzo Irminio 6 appena scavato nel territorio di Ragusa è risultato non economicamente sfruttabile, che negli ultimi tre anni le estrazioni in provincia si sono più che dimezzate con un’ulteriore diminuzione nei primi 4 mesi del 2017”.
Allo stesso modo, osserva il circolo ambientalista di Siracusa, “il Piano paesaggistico sta tutelando la costa siracusana e l’immenso patrimonio archeologico e culturale, che è il vero petrolio della Sicilia, dall’assalto sulla costa di villaggi turistici quali i resort dell’Arenella, di Terrauzza, della Pillirina e di Ognina con campo da golf, da centri commerciali accanto le Mura Dionigiane e il Castello Eurialo, da porti turistici con proposte indecenti quali isole artificiali in mezzo al porto grande di Siracusa”. E a proposito di attività estrattive, ricordando che “da agosto a novembre 2016 quattrocento tonnellate di petrolio sono state sversate nel sottosuolo della Basilicata per la perdita, ammessa da Eni, di un serbatoio configurando quello che è un disastro ambientale” Legambiente lamenta che “la lobby del petrolio è riuscita a far approvare due mesi fa dal Ministero dello Sviluppo Economico un decreto fatto apposta per superare il ricorso che Legambiente, Greenpeace e WWF avevano presentato al Tar Lazio contro Vega B che, come probabilmente sarebbe avvenuto, avrebbe bloccato la nuova piattaforma”.
Per “mantenere viva l’attenzione sul rischio che comportano le trivellazioni petrolifere soprattutto in una provincia, quella di Ragusa, e in una regione che finalmente sta puntando, con successo, sul turismo culturale e naturalistico per risollevarsi da una crisi devastante” l’associazione ambientalista ha organizzato a metà giugno a Ragusa il convegno “Trivellazioni, cambiamenti climatici, migranti ambientali: come il petrolio distrugge il pianeta e minaccia l’economia locale e globale” con la presenza di Stefano Ciafani Direttore Generale Legambiente. Rimanendo nell’argomento degli ecoreati e di quelli più vivini del nostro territorio. Legambiente ha salutato con entusiasmo “il prezioso lavoro del Nucleo Ambientale della Polizia Provinciale di Ragusa, grazie al quale è stato possibile scoprire e denunciare un nutrito numero di agricoltori della zona dei Macconi per aver smaltito abusivamente rifiuti speciali in modo indiscriminato nei terreni, in mezzo alle dune e perfino sulle spiagge a pochi metri dalla battigia inquinando suolo aria e acqua”.
Spiega Claudio Conti, presidente di Legambiente Ragusa “sono soprattutto plastiche, teloni seminiere tubi di irrigazione e contenitori per fitofarmaci che, qualche anno dopo essere smaltiti, diventano microplastiche che finendo in mare compromettono lo sviluppo dei pesci, avvelenandoli e aumentandone la mortalità, con effetti sulla catena alimentare”. Per incrementare questi positivi risultati della lotta agli ecoreati, Conti auspica che venga “messa in campo un’azione di formazione che coinvolga tutti gli attori del sistema di repressione dei reati ambientali e che si proceda alla costituzione di una grande polizia ambientale regionale sempre più strutturata e diffusa sul territorio che faccia tesoro delle migliori esperienze maturate in provincia di Ragusa dalla Polizia Provinciale alla quale va tutto il nostro sostegno e plauso”. (da.di.)