L’evento, culturale e civile, è di quelli da non perdere. Torna infatti a Ragusa, al teatro Donnafugata di Ragusa Ibla, nei giorni 10 e 11 marzo prossimi, alle 20,30, il dramma teatrale “Eternity”.
E ancora una volta, così come dall’esordio nel 2012, a portare in scena l’idea di Turi Occhipinti e Gaetano Scollo, sarà la regista Claudia Puglisi curatrice anche del testo, e ancora una volta Silvia Scuderi rappresenterà l’angelo della morte impegnato in una partita a scacchi, dove i due si studiano e si sfidano reciprocamente, con il magnate Louis De Cartier, impersonato da Filippo Luna, per fargli scontare i suoi delitti. E’ d’obbligo ricordare che l’Eternity teatrale è strettamente collegata al cortometraggio “Lamiantu” con cui Occhipinti e Scollo, nell’anno precedente, il 2011, avevano realizzato la prima sfida artistica per sostenere la battaglia contro il killer silenzioso, per molti lavoratori e per molti cittadini, che si chiama amianto.
Nell’opera scenica che tornerà al Donnafugata del quartiere barocco domina la scena l’angelo della morte che giudica Louis De Cartier, uno dei due imputati dichiarati colpevoli nel processo Eternit (l’altro, per la cronaca, era Stephan Schmidheiny), che si rifiuta di pagare le provvisionali stabilite dal Tribunale di Torino in favore delle parti civili. E lo condanna. Senza appello. Una scena ieratica, ancestrale, quasi a volere sottolineare che in un luogo sacro come il teatro si riesce a punire il carnefice al contrario di quanto non è stato possibile fare nelle aule di un Tribunale. Un forte impatto emotivo, un pugno allo stomaco, mentre l’angelo della morte Silvia Scuderi, imponente nella sua ineluttabile autorevolezza, bardata con due ali maestose, in oltre un’ora di spettacolo, con gesti e silenzi, riesce a comunicare più di mille parole.
Un duello non convenzionale tra De Cartier e l’essere soprannaturale, un confronto a tratti lirico e impietoso, in cui Scuderi riesce a rendere al meglio le movenze della propria espressività, lasciando a Filippo Luna-Louis De Cartier la possibilità di esternare, in un monologo articolato e mai banale, le proprie paure, i propri ripensamenti, le proprie determinazioni, quando si trova ormai alle prese con il giudizio divino. I morti per amianto, che hanno respirato la polvere killer, la stessa che procura tumori invincibili e che diventa il terzo protagonista sul palcoscenico per il continuo incedere degli effetti scenici, trovano così giustizia. E’ quest’ultima la parola che nessuno cita durante lo spettacolo teatrale ma che aleggia impietosa.
E a proposito dell’amianto, non a caso definito il killer silenzioso, basti solo ricordare che era dovunque fin dal 1911, diffuso, capillarmente, su tutto il territorio, dai tubi degli acquedotti alle fioriere, dai tetti dei capannoni alle sedie da spiaggia. In tutte le case, una presenza mortale. Nonostante i comprovati danni sulla salute pubblica, le fabbriche continuarono la produzione fino al 1992, nascondendo le gravi conseguenze. Una vicenda quasi surreale, nella quale molti di noi sono stati inconsapevolmente coinvolti, dal sapore dei veleni medievali, che ci ricorda le storie narrate sugli untori che portavano la peste contagiando intere città.
Questa l’atmosfera che fu ricreata nella pièce teatrale con l’intento di Turi Occhipinti e Gaetano Scollo di partire dall’estremo lembo della penisola per una primavera civica e di riscatto sociale su un argomento di estrema gravità, prendendo spunto dalla storica sentenza Eternit che aveva condannato per disastro doloso e omissione dolosa i due manager Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier De Marchienne. (daniele distefano)