Qualche giorno fa -14 Gennaio 2016 – il quotidiano La Repubblica ha compiuto i suoi primi quarant’anni.
Tanti commentatori si sono lanciati in profonde riflessioni sul come eravamo, sul tempo trascorso, sui progressi e sulle delusioni che si sono avute in tutto questo periodo.
La riflessione che mi pare riassuma in maniera sistematica i pensieri di molti intellettuali l’ha pubblicata Ezio Mauro il 15 gennaio avente come titolo “Una certa idea dell’Italia”.
“Nella velocità dei tempi che viviamo, quarant’anni sono il tempo di un cambiamento che supera lo scarto tra due generazioni. Sono morti partiti centenari, e con loro sono appassite culture politiche che in altre parti d’Europa formano l’ossatura storica del sistema. Il Paese ha conosciuto pace e sviluppo in un dopoguerra lunghissimo, ma ha patito le stragi di Stato, la corrosione della P2, l’assassinio mafioso di Falcone e Borsellino, l’attacco del terrorismo rosso indigeno, che è riuscito a sconfiggere. Poi la caduta del Muro ( di Berlino ), la fine del secolo delle ideologie, il presunto trionfo della democrazia come unica religione superstite insieme con la rivoluzione tecnologica di Internet che ci ha portato il mondo in tasca accorciando la storia e abbattendo la geografia: e invece lo squarcio epocale dell’11 settembre 2001, le guerre, l’attacco jihadista alle democrazie. Per arrivare infine a quest’era dell’incertezza con le tre piaghe d’Occidente, la sfida mortale del terrorismo islamico, la più lunga crisi economico-finanziaria dal 29, l’ondata della disperazione migratoria che punta sull’Europa come terra della speranza del futuro, scatenando paure e incertezze:”
E continua
“Repubblica ha informato i suoi lettori giorno dopo giorno, come vuole la missione di un giornale. Ma è stata anche un attore culturale e non soltanto uno spettatore della vicenda italiana….. Abbiamo creduto in una società politica dell’alternanza, nella distinzione feconda e vitale tra i concetti di destra e sinistra e le loro proiezioni politiche…. Non abbiamo mai partecipato al qualunquismo del banchetto anti-casta, convinti che la società abbia in se risorse potenti ma sia allo stesso tempo, civile ed incivile, come il mondo politico, a cui in democrazia spetta comunque distribuire le carte, perché è lo strumento che è stato inventato nello Stato moderno per disciplinare il contrasto tra gli interessi legittimi in campo, in nome dell’interesse generale.”
Mauro inoltre, oltre a citare il fondatore Scalfari, definito come un genio del giornalismo, si misura anche con le questioni economiche “ Abbiamo creduto nel mercato senza mai ritenerlo sciolto dalle regole della democrazia, nella convinzione che la libertà vada esercitata insieme con la responsabilità. Pensando che non la finanza ma il lavoro sia il nucleo del sistema occidentale che si forma attorno alla combinazione tra il capitalismo, il welfare state, la democrazia rappresentativa, una libera alleanza capace di dar forma ad una civiltà e di costruire quel che potremmo chiamare il tavolo della compensazione dei conflitti, che ha tenuto insieme nella crescita e nello sviluppo di questi decenni i vincenti e i perdenti della globalizzazione, in un vincolo appunto di responsabilità per il destino comune della società.”
Nelle conclusioni infine ci ricorda con amarezza che “la grande banalizzazione in cui viviamo – che è strumento del potere, perché frantuma ogni questione rilevante restituendola alla mediocrità quotidiana di cui non vale la pena di occuparsi, ha ridotto tutto questo alla semplificazione giornale-partito…. . il giornale ha visto, letto e contrastato il cambio di egemonia culturale che ha investito il Paese negli ultimi vent’anni, facendo ingrigire le ragioni culturali e storiche della legittimità repubblicana…”
Con questo articolo Ezio Mauro si congeda dal giornale e l’avventura di Repubblica continua con un nuovo direttore : Mario Calabresi.
Pietro Storniolo