Si terrà lunedì 30 novembre, alle 16, nella biblioteca dell’ospedale Civile, il sesto incontro per volontari operanti nella Pastorale della salute, nelle cappellanie ospedaliere e per i ministri straordinari della santa comunione. L’iniziativa rientra nel contesto del corso formativo promosso dall’ufficio diocesano per la Pastorale della salute di Ragusa. Lunedì il tema affrontato sarà quello dell’approccio al malato psichiatrico. A relazionare il prof. Antonio Virzì, direttore dell’unità complessa di psichiatria dell’Asp di Ragusa. A condurre i lavori il direttore diocesano della Pastorale della salute, don Giorgio Occhipinti. “Il paziente psichiatrico – dice quest’ultimo – è colui che la società civile, i cosiddetti sani, definiscono matto. Ma, invece, è un essere umano, una persona che, per motivi spesso sconosciuti, soffre di un disagio psichico che lo porta ad un rapporto alterato e distorto con se stesso, con gli altri e con il mondo. Ognuno manifesta questo malessere in modo differente perché ognuno è unico e singolare”. A seconda dell’epoca e dell’ambiente culturale in cui il soggetto si trovava a vivere, c’era un diverso approccio alla malattia psichiatrica. Il malato psichiatrico viene preso in cura, come per tutti gli altri tipi di malattia. Cambia completamente l’approccio a queste persone perché vengono considerate come parte della società. “Mentre la cultura nei diversi settori della medicina – aggiunge don Occhipinti – avanza anche fra la gente comune per effetto del continuo apporto dei media, che crea poi domanda di ritorno, è opinione diffusa che nel campo della salute mentale esista ancora una certa misconoscenza del problema. È viceversa ben presente l’effetto del pregiudizio, come sempre avviene in questi casi, che va dalla paura, alla vergogna, alla colpa. La paura soprattutto è diffusissima nei confronti di un pericolo vago e distinto; vergogna e colpa colpiscono invece i familiari. Ecco, lunedì parleremo di tutto questo e dello Stigma, il marchio indelebile che caratterizza il malato psichico che si proietta sul gruppo sociale di appartenenza, e che rappresenta, ancora oggi, uno dei principali ostacoli ai programmi di terapia e di assistenza dei pazienti psichiatrici, che continuano a rimanere discriminati”.