“Carnefici trasformati in vittime” e “falsi ambientalisti che chiedono l’abbattimenti di ruderi di villaggi turistici costruiti sulla spiaggia ma non degli agglomerati di seconde e terze case altrettanto abusive”. Si può così sintetizzare una nota, breve nella lunghezza ma durissima nella sostanza, con cui il circolo Il Carrubo di Legambiente Ragusa risponde alla iniziativa di qualche tempo fa del laboratorio politico culturale 2.0 che aveva, in una conferenza stampa tenuta sul litorale di Randello, denunciato la cementificazione del sito e chiesto l’abbattimento dei ruderi. E (farebbe dire l’amatissimo Andrea Camilleri al suo Montalbano) mettendoci il carico da undici, ovvero l’accenno “a quei consiglieri comunali che intervengono sempre citando norme e leggi varie e già in carica nel 2010, anno in cui si decise di non inserire gli agglomerati abusivi Passo Marinaro, Branco Piccolo e Punta Braccetto nella variante urbanistica dei Piani Particolareggiati di Recupero ex legge regionale 37/85” con chiarissimo e diretto riferimento a Sonia Migliore, portavoce consiliare del laboratorio stesso e animatrice della conferenza stampa. A proposito poi di tale mancato inserimento Legambiente ricorda che “i tre agglomerati non sono stati considerati dal PRG vigente tra gli agglomerati soggetti alla redazione dei piani particolareggiati di recupero in quanto ricadenti all’interno della fascia di inedificabilità di 150 mt dalla battigia ai sensi dell’art. 15 l.r. 78/76”. Legambiente aggiunge poi che “la costa che va da Punta Braccetto a Camarina è stata negli ultimi quaranta anni abbandonata da tutte le amministrazioni che si sono succedute nel governo della città di Ragusa, compresa l’attuale. Dune abbattute per far posto alle serre, villaggi turistici costruiti sulla spiaggia, discariche a cielo aperto di rifiuti agricoli ma soprattutto interi villaggi abusivi costituiti da seconde e terze case. Edifici che per legge debbono obbligatoriamente essere demoliti e che nessuna amministrazione ha avuto il coraggio di abbattere”. Inevitabile la conclusione cui giunge l’associazione ambientalista ragusana, ovvero che “occorrerebbe dare seguito alla diffida n. 11753 del 30/5/2013 del Dipartimento Regionale dell’Urbanistica in merito ai provvedimenti repressivi in materia di abusivismo edilizio e alla circolare n. 14055 del 3 luglio 2014 del Dipartimento regionale dell’Urbanistica che ha ricordato ai comuni siciliani non solo l’obbligo di effettuare interventi repressivi riguardo gli abusi edilizi, ma soprattutto che l’opera abusiva non sanabile debba essere prioritariamente demolita”. Daniele Distefano
(Foto repertorio)