“Prima ti invito a cena e poi ti avveleno”. Così il circolo Il Carrubo di Legambiente Ragusa commenta il ricorso che la società Irminio ha presentato al Tar nei confronti del Comune di Ragusa per la mancata risposta alla richiesta di concessione edilizia necessaria per i lavori di trivellazioni in c.da Buglia Sottana e con la conseguente richiesta di un cospicuo indennizzo: Eppure, fa notare Legambiente, nel frattempo la stessa società si è vantata sulla stampa locale “dei mirabolanti risultati ottenuti in “sinergia” con il Comune, l’Università e le Associazioni Agricole, circa il progetto di ricerca per la realizzazione di un centro sperimentale agricolo e zootecnico alimentato dal calore del cogeneratore sito nei pressi dei pozzi di c.da San Paolino (in zona di tutela assoluta 3 del Piano paesaggistico)” mentre, contemporaneamente, gli avvocati della stessa presentavano il citato ricorso contro il Comune. Entrando nel merito del ricorso, l’associazione ambientalista riporta che “la Società stima una perdita netta già conseguita di circa € 7.900.000, a cui si aggiunge l’ulteriore importo di € 161.500 per ogni giorno di ritardo ed un aumento dell’aliquota da versare all’erario di 3,9 milioni di euro/annui a pozzo nell’eventualità che la realizzazione delle tre perforazioni avesse un esito positivo” e commenta che tale previsione positiva risulta “estremamente ottimistica considerato che circa 17 anni fa, secondo quanto riportato dal sito del Ministero della sviluppo economico, la Società aveva perforato nella stessa zona ad una distanza di circa duecento metri da dove dovrebbero essere effettuate le nuove perforazioni ed il pozzo (profondo circa 2300 metri) è risultato sterile”. Legambiente constata poi che “nel caso in cui il ricorso al Tar venisse accolto rimarrebbe soltanto Legambiente a resistere contro i petrolieri in quanto rimarrebbe in atto soltanto il ricorso al TAR di Legambiente Sicilia contro il nulla-osta della Soprintendenza di Ragusa”. Una vigorosa tirata d’orecchie poi il circolo ambientalista la riserva al comune di Ragusa “che pure aveva tutte le motivazioni per non concedere la concessione edilizia, e quindi avrebbe dovuto negare il permesso di costruire e non scrivere una nuova lettera alla Società Irminio per richiedere ulteriore tempo prima di decidere, esponendosi al rischio del silenzio-assenso”. Ma all’amministrazione ragusana Legambiente rimprovera anche il fatto che “invece di chiedere spiegazioni alla Soprintendenza sulle motivazione del rilascio del nulla-osta positivo perdendo prezioso tempo, avrebbe dovuto presentare ricorso al TAR contro il parere paesaggistico, cosa che non ha fatto”. Eppure la stessa amministrazione aveva “correttamente presentato, insieme alle associazioni ambientaliste, un ricorso al TAR contro il progetto Offshore Ibleo di trivellazioni a mare, a circa 100 km da Ragusa e le osservazioni al progetto di prospezione della Schlumberger Italiana davanti alle nostre coste. Pertanto sarebbe stato un atto naturale presentare un ricorso contro le trivellazioni in una zona tutelata a casa propria. Il tutto senza che ciò mettesse a rischio i milioni di euro di royalties. Infatti queste sono regolate dalla legge Regionale n. 30 del 20/03/1950 e dalle leggi successive e quindi le società non possono esimersi dal versare quanto dovuto”. Infine, a conclusione della nota, Legambiente lancia un’altra stoccata alla Irminio, accusata di “comportamento ambiguo perché a parole si dice tutta tesa al rispetto dell’ambiente, del bene della popolazione e dello sviluppo sostenibile, mentre nei fatti pensa unicamente all’obiettivo del denaro” e a proposito della quale giudica “inverosimile la richiesta di un indennizzo all’Amministrazione Comunale, perché la richiesta di tre perforazioni a Buglia Sottana partiva dal presupposto che le stesse erano da considerarsi trivellazioni temporanee ed a scopo di ricerca, mentre nel ricorso si dà quasi per scontato che le opere non siano affatto temporanee perché si è sicuri di trovare l’oro nero, pur avendo già fallito una volta”. E per chiudere, Legambiente, a proposito della richiesta di indennizzo di milioni di euro commenta “niente male per una Società, non certamente grande, che fino a due anni fa aveva un capitale sociale di soli centomila euro”. Daniele Distefano