L’uomo di Altamura, scoperto nel 1993 nella grotta di Lamalunga nei pressi di Altamura in provincia di Bari, appartiene ad un uomo che precipitò 150 mila anni fa in un pozzo dove morì di stenti. E’ ricoperto di un rivestimento calcareo di stalattiti che lo ha protetto fino ad oggi. ”Le analisi del Dna – spiega Manzi – sono appena cominciate ma ci danno già informazioni importanti, per esempio confermano che l’uomo di Altamura è un Neanderthal molto arcaico e questo spiega alcune caratteristiche dello scheletro: come le strutture ossee della faccia tipica dei Neanderthal, a differenza del cranio più arcaico”. L’uomo di Altamura, prosegue, ”rappresenta una formidabile ricchezza per il territorio dell’Alta Murgia, un tesoro da valorizzare grazie agli studi che si faranno sui resti”. C’è molto da conoscere da un simile reperto umano: il Dna potrebbe svelare anche il ritratto di questo uomo preistorico. ”La speranza per il prossimo futuro – sottolinea – è che questo scheletro fossile possa rappresentare il fulcro di una combinazione virtuosa fra ricerca scientifica, tutela del patrimonio e sua piena valorizzazione”. Al gruppo di ricerca partecipano fra gli altri, gli archeologi Carmine Collina e Marcello Piperno della Sapienza e il genetista Guido Barbujani dell’università di Ferrara e dell’università di Firenze. (I resti dell’uomo di Altamura fonte e foto: Soprintendenza Archeologia della Puglia)