Le precisazioni e i distinguo che Mimmo Barone, segretario del secondo circolo del Partito Democratico di Ragusa, esterna a proposito di quanto affermato dall’ex consigliere comunale Peppe Calabrese e dal circolo “Pippo Tumino” a proposito di trivellazioni in territorio ragusano, sembrano volere sottolineare che il partito del capoluogo non è tutto allineato su tali posizioni. Secondo Barone infatti “il tema dello sfruttamento del sottosuolo non va affrontato solo in termini di valutazione del ritorno economico immediato o, all’opposto, solo in termini di pregiudiziale valutazione negativa della attività estrattiva”. Secondo il segretario del secondo circolo “il territorio ibleo è oggi economicamente rilevante non per le scelte di industrializzazione pesante assunte nell’immediato dopoguerra, comprensive delle prime concessioni di estrazione, ma per l’agricoltura e la zootecnica di qualità, e per la altissima valenza paesaggistico-culturale, tale da essere annoverato tra i Patrimoni UNESCO. Orbene, poiché agricoltura, cultura e turismo sono i settori di sviluppo della nostro territorio, e poichè l’attività estrattiva non è realizzata da imprese locali, la buona politica impone l’onere di valutare, anche economicamente, se la previsione di nuovi campi di ricerca e correlato sfruttamento di idrocarburi possa pregiudicare, o limitare, lo sviluppo dei settori portanti del nostro tessuto economico”. Del resto, prosegue Barone, “l’introito economico immediato in termini di royalties potrebbe non essere comunque sufficiente a compensare le perdite di beni di inestimabile valore, non riproducibili, o le perdite di reddito diffuse, laddove l’attività dovesse comportare riduzione di produzioni di eccellenza”. La soluzione individuata consiste nel “procedere ad un esame, caso per caso, delle singole richieste, da effettuare in relazione alla rilevanza della singola area di intervento, quale premessa per una complessiva attività di valutazione delle interferenze di tutti gli interventi proposti, che potrebbero essere singolarmente ammissibili ma che, complessivamente considerati, potrebbero comportare quei danni generali in precedenza indicati con la conseguenza che la valutazione della scelta che il Comune deve operare non deve e non può essere solo quella, come dal più parti suggerito, sull’ammontare delle royalties, ma deve tenere conto piuttosto di un quadro di insieme che consenta di non dismettere i settori portanti della economia ragusana, scongiurando in tal modo il rischio di ottenere una ricompensa per un territorio definitivamente mutilato”. “Le royalties – conclude Mimmo Barone – quindi ben vengano per incrementare la spesa comunale per investimenti sul territorio, senza per questo lasciare che la nostra economia sia solo affidata alle imprese petrolifere, con grave danno per gli operatori agricoli, zootecnici e turistici”. Daniele Distefano