Il 6,7% dei 474 mila bambini ovvero circa 32 mila nati in Italia ogni anno sono pretermine. Sono questi alcuni dati che saranno evidenziati in occasione della Giornata Mondiale della Prematurità del 17 novembre.
Sono neonati che vengono al mondo prima della 37ma settimana di età gestazionale, e che inevitabilmente affrontano la vita con più difficoltà rispetto ai nati a termine, non avendo ancora maturato del tutto organi e apparati e non essendo ancora pronti ad adattarsi alla vita fuori dal grembo materno. In particolare quelli più piccoli, chiamati ‘molto pretermine’ o ‘estremamente pretermine’, rispettivamente sotto le 32 o le 28 settimane di gestazione, circa lo 0,9%, risultano i più problematici. Durante la giornata dedicata ai nati pretermine, la Società Italiana di Neonatologia parlerà dell’importanza dell’assistenza individualizzata per i prematuri, perchè i piccoli non sono tutti uguali e necessitano di un’assistenza tanto maggiore quanto più bassa è la loro età gestazionale, con un approccio individualizzato delle cure.
Non solo: per garantire la migliore assistenza, spiegano, il primo passo è quello di ridurre il numero di punti nascita, a favore di quelli più grandi, così da aumentare gli standard di sicurezza. Fondamentale anche garantire ai genitori l’ingresso nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale 24 su 24 e lasciare libere le mamme di stare a contatto col proprio bambino, promuovere l’allattamento al seno, anche per favorire lo sviluppo neurologico del neonato e consolidare il rapporto madre-figlio. La percentuale di mortalità nei prematuri di peso inferiore a 1500 grammi è passata da oltre il 70% negli anni ’60, a meno del 15% circa negli anni 2000; quella dei neonati di peso inferiore ai 1000 grammi è diminuita da oltre il 90% a meno del 30% nello stesso periodo.
Da non sottovalutare, spiegano gli esperti, sono anche i costi per garantire la sopravvivenza e ridurre le patologie e le disabilità permanenti dei neonati altamente pretermine. Per ogni prematuro estremo sopravvissuto, infatti, i costi oscillano tra i 100 e i 300 mila euro a seconda della patologia, cui vanno poi aggiunti quelli per le eventuali complicanze a distanza.