La carenza di vitamina D secondo molti studi può aumentare i rischi di osteoporosi negli adulti, dolori muscolari e non solo. Pare che negli ultimi anni a seguito degli stili di vita che costringono gli italiani a trascorrere poche ore all’aperto la carenza della vitamina è aumentata. A sostenere la fondamentale importanza della vitamina D per l’uomo è il dottore Michael Holick del Boston University Medical Center, membro del American College of Nutrition e membro dell’Accademia Americana della Dermatologia e dell’American Association of Physicians. Holick ha effettuato numerosi studi nel campo della biochimica, della fisiologia, del metabolismo e della fotobiologia della vitamina D per l’alimentazione umana e ha stabilito delle indicazioni globali che raccomandano l’esposizione a luce solare come fonte integrante di vitamina D.
Ha contribuito ad aumentare la consapevolezza nei confronti delle comunità pediatrica e medica per quanto riguarda la pandemia di carenza di vitamina D e il suo ruolo nel causare non solo le malattie metaboliche della ossa e l’osteoporosi negli adulti , ma anche quella di aumentare il rischio che i bambini e gli adulti sviluppino la preeclampsia, i tumori mortali comuni, la schizofrenia, le malattie infettive tra cui tubercolosi e influenza, malattie autoimmuni tra cui il diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla, diabete di tipo 2, ictus e malattie cardiache. Ma vediamo cosa è la vitamina D. Per vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5.
Le due più importanti forme nella quale la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), entrambe le forme dall’attività biologica molto simile. Il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo, è sintetizzato negli organismi animali, mentre l’ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale. La fonte principale di vitamina D è la radiazione solare. La vitamina D ottenuta dall’esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente attiva, il calcitriolo.
La vitamina D è assimilabile anche attraverso il consumo di alcuni alimenti: l’olio di fegato di merluzzo; alcuni pesci grassi (come i salmoni e le aringhe), le uova, il fegato, le carni rosse (25-idrossicolecalciferolo) e le verdure verdi. La carenza di vitamina D: al contrario di quanto sostenuto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che ritiene molte prescrizioni di vitamina D non appropriate basandosi su studi clinici pubblicati su “The Lancet” e “Annals of Internal Medicine”, la Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) sostiene che in Italia l’80% della popolazione sia carente: l’insufficienza di vitamina D interesserebbe circa la metà dei giovani italiani nei mesi invernali.
La condizione carenziale aumenterebbe con l’avanzare dell’età sino ad interessare la quasi totalità della popolazione anziana italiana che non assume supplementi di vitamina D. Uno studio italiano del 2003 mostrava che su 700 donne in età postmenopausale il 76% presentava livelli di vitamina D inferiori a 12 ng/ml. Ritenendo tale livello “assolutamente insufficiente”, Falaschi et al. sostengono che “Queste evidenze contrastano la credenza, diffusa anche tra i medici, che nel paese non sia necessario un supplemento di vitamina D per assicurare degli adeguati livelli ematici a tutte le età.” Le prime alterazioni, in caso di vitamina D sotto la norma, consistono in: diminuzione dei livelli sierici di calcio e fosforo con conseguente iperparatiroidismo secondario ed aumento della concentrazione di fosfatasi alcalina.
Si hanno alterazione dei processi di mineralizzazione con rachitismo (nel bambino non esposto al sole) ed osteomalacia (nell’adulto non esposto al sole) e debolezza muscolare, deformazione ossea (in caso di malattia ossea) e dolori . Alcuni studi del 2006 hanno portato alla luce come la carenza di vitamina D possa essere collegata con la sindrome influenzale, altri del 2009 correlano la carenza della vitamina con il manifestarsi della sclerosi multipla. Studi hanno rilevato valori particolarmente bassi di vitamina D nelle donne in gravidanza di basso livello socio-economico in Turchia (per anche per l’uso di coprirsi col vestiario), in Cina in donne in gravidanza che vivono in ambienti con bassi livello di esposizione al sole, in Slovenia nelle donne in gravidanza nei mesi invernali (nei neonati i livelli sono stati rilevati superiori a quello delle madri).
Studi recenti rivelano che più del 66% delle donne è definibile come carente di vitamina D, ovvero il livello nel sangue di 25(OH)D è minore di 30 ng/ml, e questi risultati sarebbero indipendenti dalla stagionalità e dall’assunzione della supplementazione consigliata: questi dati hanno fatto ipotizzare che la quantità di vitamina D attualmente somministrata nell’assistenza prenatale sia probabilmente inadeguata.