Dopo gli ottimi risultati di Caltanissetta continuano i corsi dedicati al trattamento percutaneo delle valvole cardiache: nella sala congressi del Jolly Aretusa Palace Hotel di Siracusa, il professore Corrado Tamburino, Direttore Unità U.O.C. Cardiologia con UTIC P.O. Ferrarotto Catania, e la sua equipe hanno tenuto il secondo focus dedicato alle nuove metodologie di intervento per la cura delle patologie cardiovascolari. La parola d’ordine anche in questo caso è solo una: informazione. Proprio per questo il professore Tamburino ha voluto questa serie di incontri, per trasmettere, in tutta la Sicilia, il verbo del trattamento percutaneo. Metodologia all’avanguardia e poco invasiva rispetto alla tradizionale cardiochirurgia. Il paziente, però, va informato della nuove possibilità di intervento e ad informarlo devono essere il medico di base o il cardiologo. Collaudato e confermato anche a Siracusa lo schema di lavoro del primo incontro con la suddivisione del dibattito in tre macro-aree. La prima dedicata alla Tavi ( l’impianto valvolare aortico transcatetere ), la seconda al trattamento percutaneo dell’insufficienza mitralica; la terza dedicata alla chiusura percutanea dell’auricola sinistra. Ad aprire i lavori, come di consueto, l’intervento del professore Tamburino che, anche a Siracusa, parlando di Tavi ha esordito così come a Caltanissetta:«Non sono contro la cardiochirurgia, ma sono fermamente convinto che fra 5 anni non ci sarà più necessità di utilizzarla per curare queste patologie». Affermazione, questa, che ha acceso il dibattito tra chi ancora spinge per la chirurgia e chi, invece, come il professore Tamburino la vede in esaurimento. «La chirurgia – dichiara Tamburino – paga un prezzo di mortalità molto alto. I dati sono talmente unidirezionali che c’è poco di cui discutere. La strada è segnata, è la tecnologia. Perchè fare un intervento quando si può mandare a casa il paziente già l’indomani?. E’ chiaro che le linee guida, che sono del 2012, non sono ancora state cambiate. Ma entro 5 anni – conclude Tamburino – le cose cambieranno». A intervenire sulla questione Tavi è stato il dott. Marco Barbanti che ha analizzato i dati sulla mortalità e sulle problematiche scaturite da questo nuovo trattamento. Dati che spingono a favore delle nuove tecnologie. Ma non solo: Barbanti ha anche mostrato ai colleghi i vari tipi di protesi utilizzati suscitando l’interesse e la curiosità della sala.
Secondo argomento trattato il Trattamento Percutaneo dell’Insufficienza Mitralica. Argomento complesso affrontato dal dott. Carmelo Grasso: punto di partenza, anche in questo caso, sono i dati: al contrario della Tavi i risultati non sono ancora tali da poter affermare che la chirurgia scomparirà. Il trattamento percutaneo è utile a migliorare, e non poco, la qualità della vita del paziente e a diminuire il numero di farmaci che il paziente stesso è costretto a prendere. Quando si trattano pazienti con insufficienza mitralica severa, infatti, trattamento chirurgico o trattamento percutaneo sono sempre più efficienti della terapia medica. Nel caso di insufficienza mitralica poco severa, invece, il professore Tamburino è chiaro:«La chirurgia non serve a nulla».
L’intervento della dott.ssa Patanè ha aperto un acceso dibattito sul Pfo ( forame ovale). In questo caso un primo evento senza fattori di rischio può essere trattato da terapia medica; in altri casi, quando incorrono fattori di rischio o l’evento è ricorrente, è possibile intervenire con la chiusura percutanea come alternativa della terapia medica.
Ultimo argomento trattato è la chiusura percutanea dell’auricola sinistra che svincola il paziente dall’anti coagulante. Un intervento che è possibile definire rivoluzionario: importante per il paziente, importante per il sistema sanitario, in quanto permette di abbattere notevolmente i costi del trattamento sanitario. «Di particolare rilievo spiega il professor Corrado Tamburino – sono i recentissimi dati, comunicati appena due giorni fa a Chicago, sull’impianto percutaneo di valvola con catetere, da cui emerge un chiaro trend a vantaggio dell’impianto con catetere rispetto alla cardiochirurgia nei pazienti con stenosi valvolare aortica della valvola aortica. Gli studi hanno dimostrato che l’impianto con valvola con catetere ha minori rischi in termini di morte, di insufficienza renale, di sanguinamento e di fibrillazione atriale, pagando solo un prezzo più alto in termini di impianto di pacemaker. Questo è il futuro del trattamento nei pazienti a rischio alto e nei prossimi anni anche a rischio basso».