Sono state centinaia le persone, tra ceramisti, artisti, ex amministratori, il sindaco Nicola Bonanno e gente comune a rendere omaggio all’ottantanovenne maestro Gaetano Romano durante la celebrazione esequiale svoltasi presso la gremita Basilica di San Giacomo. Era il massimo esponente ed erede della tradizione figurinaia calatina, e da autodidatta qual’era, nella sua piccola bottega era possibile ammirare splendide figurine in terracotta. Affascinato dal mondo che lo circondava, animato da gente umile, amava riprodurla con la creta. Una volta lavorata con le mani rendeva più malleabile, cominciava a lavorarla plasmandola e pian piano iniziavano a prendere forma gli arti, i busti, i vestiti, gli oggetti che addobbavano la figurina e a colpi di "stecca", un’asticina di legno, il maestro Romano delineava i volti, definendone i particolari, rendendo le figurine quasi reali, delle vere e proprie opere d’arte. Così dalla sua creatività e dalle sue sapienti mani venivano realizzati: "ù seggiaru", "ù firraru", "ù cavagnaru", "ù scarparu", "ù ciabbattinu", tutti i mestieri di un tempo, di un mondo ormai scomparso ma capace sempre di rappresentare l’umiltà e la dignità con cui quei ceti affrontavano la vita quotidiana. Ritraendo tutti questi personaggi popolari, con i volti segnati dalla fatica, si è accostato agli altri maestri del verismo calatino come Luigi Capuana e Giovanni Verga, tanto da essere rinomato a livello nazionale ed internazionale per le sue figurine. Con la sua morte Caltagirone perde un pezzo importante della sua storia e adesso spetta a chi di competenza non dimenticare il maestro per eccellenza.
Omar Gelsomino